“Sussistendo quindi, ad avviso del Tribunale, la citata consapevolezza in capo al ricorrente, deve ritenersi che l'atto transattivo in esame impedisca la formulazione di una domanda, come quella proposta in questa sede, di condanna al pagamento delle retribuzioni ordinarie e straordinarie asserita mente spettanti. Né può rilevare quanto genericamente allegato dal ricorrente nell'atto introduttivo, secondo cui il resistente gli avrebbe fatto firmare, in occasione del licenziamento, dei moduli e dei fogli in bianco, di cui si disconosce il contenuto. E' infatti principio pacifico in giurisprudenza che il sottoscrittore che intenda disconoscere non già la propria firma, bensì il complessivo contenuto del documento alla quale essa è stata apposta, non possa limitarsi ad un generico disconoscimento ma sia onerato della proposizione di apposita querela di falso. Si distingue tradizionalmente infatti, nel caso di documento firmato in bianco, tra riempimento contra pacta e riempimento sine pactis. Il primo caso presuppone l'esistenza di una preventiva regolamentazione successivamente violata, il secondo postula l'arbitrario riempimento del documento ad opera di una parte, in difetto di previo accordo. Tale ultima ipotesi, ben più grave per l'ordinamento, anche considerando le conseguenze potenzialmente pregiudizievoli per i rapporti giuridici, necessita di un accertamento dotato di particolare attendibilità, e pertanto rende imprescindibile la proposizione della querela di falso …” (Tribunale di Castrovillari ex Tribunale ordinario di Rossano – Sez. Lavoro, sentenza n. 306 del 16.04.2018, Giudice del Lavoro dott. Simone Falerno).

 

 

 

 

 

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