“Innanzitutto occorre affermare l’infondatezza della doglianza rappresentata dalla parte ricorrente circa la inutilizzabilità delle videoregistrazioni e dei fotogrammi prodotti ritraenti il lavoratore in attività extra-lavorativa1. Per orientamento della Suprema Corte di Cassazione, infatti, al quale occorre dare continuità, deve ritenersi legittimo il ricorso da parte del datore di lavoro a un'agenzia investigativa per verificare l'attendibilità della certificazione medica, mentre non sussiste alcuna lesione del diritto alla riservatezza e alla privacy. […] Ebbene, alla luce delle evidenze processuali, occorre concludere per la ricorrenza di una giusta causa di licenziamento, secondo una valutazione complessiva degli addebiti mossi al ricorrente, configuranti, in ragione delle circostanze del caso concreto emerse nel corso del giudizio, una grave ipotesi di inadempimento degli obblighi derivanti dal rapporto lavorativo a carico del lavoratore tale da ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario ovvero la legittima aspettativa della futura correttezza dell’adempimento della prestazione lavorativa affidata9. La valutazione della condotta addebitata al ricorrente complessivamente considerata, infatti, induce a ritenere irreversibilmente compromessa la fiducia riposta nella correttezza dello svolgimento futuro delle mansioni affidate al dipendente. In concreto, per il caso in esame gli addebiti mossi al ricorrente muovono da una indagine che ha fatto emergere lo svolgimento di un’attività extra-lavorativa in periodo di assenza da lavoro per malattia assolutamente incompatibile con la patologia denunciata al datore di lavoro ed in grado non solo di aggravare la condizione fisica, quanto, piuttosto, di rallentare la guarigione ed ostacolare concretamente l’immediata ripresa lavorativa. Ebbene, dalle emergenze processuali devono ritenersi ampiamente provati sia lo svolgimento dell’attività extra-lavorativa durante lo stato di malattia così come contestata al lavoratore che la sua incidenza negativa sulla immediata ripresa lavorativa presso la società resistente. Grave è, di conseguenza, nel caso in esame, l’inadempimento del ricorrente degli obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà e la violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede che devono improntare la fase esecutiva del rapporto lavorativo ai sensi degli artt. 2104 e 2015, 1175 e 1375 c.c.10. Ne consegue il rigetto del proposto ricorso.” (Tribunale di Castrovillari, Sez. Lav., ordinanza emessa in data 27.09.2019, Giudice del Lavoro dott. Salvatore Franco Santoro).


 

 

 

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