“… Si ritiene invece che il trasferimento in questione abbia determinato un demansionamento illegittimo ai danni del ricorrente, non avendo Poste Italiane fornito la prova dell'esatto adempimento e, quindi, dell'equivalenza delle mansioni attribuite in qualità di responsabile dell'ufficio postale di Cotronei rispetto a quelle precedentemente svolte quale addetto allo staff del responsabile di filiale.

 Di contro, in tema di esercizio dello "ius variandi" nell'ambito del rapporto di lavoro subordinato, qualora il lavoratore alleghi un demansionamento professionale riconducibile ad un inesatto adempimento dell'obbligo posto dall'art. 2103 c.c. a carico del datore di lavoro, è su quest'ultimo che incombe l'onere di provare l'esatto adempimento (cfr. Cass. 26477/2018), dimostrando quindi l'equivalenza delle mansioni assegnate in seguito al trasferimento. Né, contrariamente a quanto dedotto da Poste, l'equivalenza poteva intendersi in modo meramente formale atteso che, al contrario, l'art. 2103 cod. civ., condiziona la legittimità dello "ius variandi" operato dal datore di lavoro, da un punto di vista oggettivo, all’inclusione delle nuove mansioni nella stessa area professionale e salariale di quelle iniziali e, sotto il profilo soggettivo, all’affinità professionale delle mansioni, nel senso che le nuove mansioni devono quanto meno armonizzarsi con le capacità professionali acquisite dall'interessato durante il rapporto di lavoro, consentendo ulteriori affinamenti e sviluppi. Ciò detto, una volta che risultino rispettate siffatte condizioni, l'esercizio dello "ius variandi" e del riclassamento non richiede l'identità delle mansioni, né esso è impedito dalla circostanza che le nuove mansioni debbano essere svolte in un diverso settore della complessa organizzazione aziendale e soggiacere ad una organizzazione del lavoro concepita con modalità diverse rispetto a quella che caratterizzava le precedenti mansioni (Cass. sez. lav., 15.2.2003 n. 2328 e Cass. 13714/2015).

 Nel caso di specie Poste Italiane, pur contestando che il ricorrente fosse stato privato della possibilità di esercizio delle competenze organizzative e di coordinamento del personale acquisite in precedenza nel coordinamento delle attività di formazione, oltre che dell’attività di tutela della sicurezza sul lavoro e, comunque, nell’ambito di specifici progetti, non ha dimostrato che la gestione del personale effettuata presso l'ufficio di Cotronei potesse richiedere l'esercizio di una professionalità affine a quella espressa presso lo staff del responsabile di filiale, suscettibile di ulteriori sviluppi professionali” (Tribunale di Crotone – Sez. Lav., sentenza n. 853/2020, pubblicata il 10.12.2020 – Giudice dott.ssa Caterina Neri).

 

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